Erika Bettineschi, la
"Belmondina" che in salita vola
Quando la strada si impenna,
meglio ancora se diventa un "muro", Erika Bettineschi non la tiene
nessuno. Sale con lagilità di uno stambecco, favorita da un rapporto peso/potenza
che le permette di fare la differenza. Il peso (44 kg) gioca sicuramente a suo
favore, la potenza un po meno perché difetta di forza di braccia. Ne ha comunque
quanto basta per primeggiare nelle gare in salita che si incontrano nel circuito dello
skiroll. Sotto laspetto fisico, pur facendo le debite proporzioni, la si potrebbe
paragonare a Stefania Belmondo alla quale rende 2 centimetri di statura, non certo sotto
laspetto tecnico, poiché la grinta di "Stefi" è stata unica e
ineguagliabile. Lo stile, se ci lavorasse sopra un poco, non sarebbe male perché
tecnicamente è bene impostata: non per niente ha superato il corso per maestri di sci, ma
paga la mancanza di potenza e la mentalità con cui affronta lallenamento e la
competizione.
Si è avvicinata allo sport con un
atteggiamento un po naïf: lo fa perché le piace e ci si diverte, ma non lo
affronta con limpegno "professionale" necessario per trasformarsi da buoni
protagonisti a campioni. Dipende probabilmente dal fatto che ha scarsi precedenti in
materia: un corso di pattinaggio nelle elementari, un po di fondo senza grossi
risultati correndo prima per lo sci club Schilpario, poi per il Leffe e poi ancora per lo
Schilpario al quale adesso è legata come allenatrice della squadra giovanissimi. Alle sue
cure sono affidati anche Luca e Michele, figli di Gianfranco Pizio, lallenatore
della nazionale femminile di Coppa del Mondo, che era stato anche suo allenatore da
ragazzina. Corsi e ricorsi, insomma.
I risultati? Un terzo posto in
una staffetta zonale e qualche piazzamento a mezza classifica nelle NG. In pratica ha
vissuto nellanonimato fino al 2000 quando si è presentata ai campionati italiani di
skiroll in Val dAosta, gareggiando con attrezzi da allenamento, quelli che usava per
il lento in salita, per prepararsi per il fondo. Si correva in salita e, con la medaglia
di bronzo, si è trovata aperta la strada della nazionale. E da lì è cominciata la sua
scalata, abbastanza agevole nella categoria junioes, dove la concorrenza è relativa, un
po più complessa da quando è passata senior e si è trovata ad affrontare
avversarie più anziane e scafate di lei (Nella foto il podio Seniores Femminile della
Rollissima del Cimone 2003. Da sinistra: Kezia D'Incal, Erika Bettineschi e Viviana
Druidi).
Una bella metamorfosi. Spiegaci un poco
come è maturata questa evoluzione?
«Lentamente, passo dopo passo. Ho dovuto prendere le misure prima di me stessa e poi
delle avversarie, con tutti i problemi e le carenze che caratterizzano
unautodidatta. Ho sempre fatto tutto da sola. Mi segue Marco Ranaldi, ma soltanto
quando sono con la nazionale. I programmi li prepara un ragazzo di Milano, che lavora con
lo Skiroll Brianza. Già lanno scorso, comunque, sono migliorata di parecchio.
Questestate sono venute 3 vittorie significative, ovviamente in salita: Skiroll del
Frignano, Rollissima del Cimone, Trofeo Valtellina in Valmalenco. Le prime due davanti a
Viviana Druidi, la terza staccando la svizzera Badilatti».
Non ti è andata
altrettanto bene nel Grand Prix Sportful, che pure è una gara in salita, impegnativa per
i tratti duri che presenta e la lunghezza del percorso
.
«Sono arrivata quinta, prima comunque delle skirolliste pure. Davanti a me fondiste
che vanno per la maggiore: la finlandese Manninen, le azzurre Follis, Anna Santer e
Stephanie Santer. Sarebbe stato ideale per me, ma purtroppo abbiamo corso con la pioggia.
Con il fondo bagnato, come del resto avete scritto a proposito del confronto Piller-Di
Gregorio, io non riesco proprio ad andare» (Nella foto a destra: Erika a pochi metri
dal traguardo del 25° Trofeo Sportful).
Solo questione di scarsa potenza come si
accennava prima?
«Di potenza ma anche di passo e di tecnica. Cè da spingere di più di braccia
e non ho forza sufficiente, bisogna sviluppare il passo e non riesco ad andare in
"doppio". Salgo con il "crik crok" e questo penalizza la prestazione
poiché spingo solo da una parte e perdo quindi ritmo e velocità. Poi è anche una
questione di ruote. Si scivolava parecchio e le ruote sono troppo dure per una leggera
come me. Non riesco a trovarne di adeguate al mio peso e alla mia tecnica quando il
terreno è bagnato».
Conosci dunque le tue carenze e i
tuoi limiti. Non hai cercato di ovviarvi?
«Sì, ma finora senza troppi risultati. Il doppio lo uso poco proprio perché manco
di potenza di braccia e finisco per imballarmi. Ho unercolina russa in casa ma non
è che me ne serva molto: qualche serie e poi vado via di testa. Non riesco proprio
ad applicarmi. Mi manca certamente un po di concentrazione e di convinzione. Cerco
di provare il doppio in allenamento, ma poi ricasco regolarmente nel cric croc.
Così sul piano sono penalizzata, mentre me la cavo in salita. Tutto un altro
discorso. Il meglio riesco a darlo sui muri, quando ti trovi a correre con il cuore in
gola. E su quel terreno che viene fuori il vantaggio del peso ridotto che mi porto
dietro; limportanza della tecnica è relativa e non determinante come sul piano» (Nella
foto a sopra: Erika durante la gara di inseguimento ai recenti Campionati Europei di
Jablonec (CZ) 2003.
A fronte di ciò che dici, è implicito
che le sprint diventano un tormento per te
.
«Conoscendo i miei limiti, neppure vi partecipo. Quando mi capita di arrivare in
volata, mi tolgo addirittura di mezzo. Le partenze non le provo neppure in allenamento. E
lo stesso faccio anche con gli sci».
Erika Bettineschi durante la gara di inseguimento di
Cervinia al FIS Rollerski World
Championships 2002
A proposito di sci, un
tuo giudizio su te stessa come fondista
.
«Modesta da giovane, per carenze tecniche e anche perché non mi allenavo a
sufficienza per poter emergere, ma anche per atteggiamento mentale; tutta da scoprire
adesso. Lanno scorso, avendo frequentato il corso maestri, ho sciato molto. Sono
sicuramente migliorata sul piano tecnico; diversamente, non avrei superato lesame, e
inoltre ho avuto modo di mettermi nelle gambe un bel po di chilometri. Ho
partecipato alla Sgambeda e mi sono piazzata al 18° posto nella categoria femminile. Non
è certo un gran risultato, però, per mancanza di risultati precedenti, sono
partita in fondo al gruppo e recuperare in una gara di massa è piuttosto problematico.
Piccola e leggera come sono, non posso neppure farmi avanti di prepotenza. Mi farebbero
volare fuori pista; devo sempre aspettare il momento opportuno per superare
».
Riassumi in poche parole chi è Erika
Bettineschi
.
«Una ragazza di 21 anni come tante altre della sua età, che dopo aver ottenuto la
maturità scientifica, ha seguito un anno di corso di computer. Fino a poche settimane ho
svolto un lavoro da impiegata nella ditta di papà. Facciamo tabelloni elettronici
per palestre, segnapunti, tabelloni stradali. Vita dufficio, ore e ore dietro la
scrivania. Allenarmi diventava una specie di valvola di sfogo. Adesso sono allenatrice dei
ragazzini di Schilpario. Vengo da una famiglia di discesisti, da ragazzina non ho fatto
altri sport al di là dello sci di fondo. Sono arrivata per caso allo skiroll agonistico
quando mi hanno lanciato la proposta di fare qualche gara, e lanno scorso ho provato
la corsa in montagna. Campionato italiano. Naturalmente la gara in salita». |