STAFFETTA MASCHILE: AL TRAGUARDO D'ORO C'E' IL TRICOLORE

Come Lillehammer 1994 ma con gara di testa fin dall'inizio poiché per la prima volta i due alternisti, Di Centa e Valbusa, hanno messo Piller Cottrer in condizione di inseguire senza dover recuperare terreno ma per dare un vantaggio a Zorzi.

E Zorro, a dispetto di chi l'ha sempre contestato, ha completato l'opera staccando ulteriormente gli inseguitori Angerer e Fredriksson fra l'entusiasmo dei tanti tifosi

Pragelato (TO) 19 febbraio - Staffetta maschile d’oro. Come già a Lillehammer 1994, ma con una supremazia indiscussa alla fine. Perché se a Lillehammer Fauner aveva vinto in volata battendo lo stratosferico Daehlie ma si era corso in recupero nelle precedenti frazioni, oggi la nostra squadra è stata in testa alla fine. Per la prima volta Pietro Piller Cottrer non ha dovuto inseguire ma ha lanciato in vantaggio Cristian Zorzi e questo perché i due alternisti, Fulvio Valbusa al lancio e Giorgio Di Centa nella seconda frazione, dove tutte le squadre mettono i migliori, non solo hanno tenuto il passo degli avversari ma hanno giostrato con loro con facilità in certi momenti quasi irridente. Da campioni convinti già in partenza di poter puntare all’oro. Del resto “Zorro” (nella foto in alto) l’aveva detto già alla vigilia che l’obbiettivo era quello e, quando l’ha visto realizzato, si è preso il lusso di rallentare, farsi dare una bandiera tricolore da   uno dei tantissimi tifosi, infilarsela sotto il pettorale e sventolarla al traguardo prima di essere sommerso dai compagni in trepida attesa. Con il vantaggio che vantava, mezzo minuto abbondante, poteva tranquillamente permettersi questo lusso, come del resto la pettinatura color fucsia ramato che ha potuto inalberare senza incorrere nel biasimo dei suoi capi come gli è già capitato in passato.

Sarà “mattocchio”, ma è stato grande, degno emulo del suo amico Valentino Rossi, capace non solo di gestire quei 5 secondi di vantaggio che Pietro gli ha lasciato al termine della terza frazione, ma di aggiungervi del suo, incrementandolo nei confronti di Fredriksson che ha tentato invano di braccarlo, ma anche di Angerer quando ha raggiunto lo svedese e con lui ha perso ulteriore terreno. L’ennesima conferma, semmai ve ne fosse bisogno, che Zorro è un velocista anomalo e che può spaziare anche sulle lunghe distanze quando la salute lo assiste e quando nessuno gli rompe le scatole rinfacciandogli presunti favoritismi di cui, quando ha goduto, è stato per meriti acquisiti sul terreno, a suon di risultati e non per ruffianaggine.

“Siamo noi, siamo noi, i campioni dell’Olimpo siamo noi”: l’inno intonato, certamente in modo un po’ stonato ma esaltante, dal quartetto di neo olimpionici è dunque giustificato non solo dalle circostanze ma dalla convinzione di esserlo davvero e accomuna, con loro, quanti hanno lavorato e creduto magari non nell’oro ma di certo in una grande prestazione. Dopo il bronzo femminile, non si poteva essere da meno. E vogliamo alludere all’allenatore Giuseppe Chenetti che con il suo vice Francesco Semenzato hanno  vissuto al loro fianco da 4 anni a questa parte per un traguardo che  ritenevano possibile, assumendo e rivendicando scelte anche quando sembravano andare controcorrente e risultare controproducenti. Molto spesso pure contro il parere degli “addetti ai lavori”, in particolare di quanti, i Fisi e in Rai, hanno sempre portato lo sci alpino in palmo di mano snobbando il fondo e le discipline minori che sono poi quelle che hanno guadagnato finora le medaglie e che, al di là di questa occasione, restano regolarmente fuori della portata dei riflettori. Ma anche degli stessi politici che hanno investito in soldi e immagine più sui Mondiali di sci alpino a Bormio, che sono stati un flop, che su Torino2006, anche se i piemontesi, con la loro arroganza e puzza al naso, sicuramente non li meritavano.

Per loro fortuna i fondisti dalla loro parte hanno trovato sempre e solo i tifosi, quei fans club che si sobbarcano trasferte e disagi per far sentire il calore della loro presenza a campioni che, se non fosse per il premio del Coni, correrebbero solo per lo stipendio del corpo militare. Per trovare qualche sponsor personale si sono dovuti arrampicare sugli specchi, quasi tendendo la mano come fanno gli extracomunitari ai semafori. Passato il momento delle passerelle, si può scommettere che verranno di nuovo accantonati poiché la gente di fatica, che fa il suo dovere senza capricci e ama la vita di famiglia, non crea quei gossip di cui lo sport spettacolo va in cerca. Nella malintesa convinzione che i pettegolezzi suscitino maggior interesse  e audience di quei valori che invece la  gente comune apprezza ancora ma le vengono regolarmente sottratti forse perché educativi, in una società che l’educazione l’ha persa già dai primi anni di scuola.

Basta vedere cosa si è visto  nelle ore successive a questo trionfo: la solita orgia di calcio e di imbecillità a cominciare dalla rete Rai che nelle intenzioni doveva essere riservata ai Giochi di cui si sono viste più interruzioni pubblicitarie (il business che si aggiunge al canone) che non le gare vere e proprie. La stessa partenza della staffetta si è vista con qualche secondo di ritardo non per avvio anticipato, ma per errato calcolo dei tempi degli spot.

Ma torniamo all’impresa dei quattro moschettieri azzurri. Sull’andamento della gara c’è poco da raccontare per il semplice fatto che il suo sviluppo si evince dai tempi e dai distacchi delle singole frazioni che di storia ne hanno avuto ben poca sul piano dinamico, se non nell’impresa di cui sono stati protagonisti i quattro azzurri che, con il loro comportamento in ogni fase di gara, hanno letteralmente messo in soggezione gli avversari.

Ha cominciato Valbusa mettendo in pista fin dall’inizio una condizione e una carica di cui solo chi non lo conosce avrebbe potuto dubitare. “Tanto carico che, venendo qui, per poco non ho tirato fuori dall’auto uno che non mi voleva far passare“ ha ammesso a fine gara. E lo ha immediatamente dimostrato rispondendo colpo su colpo ad ogni tentativo di allungo di Burgermeister e Freeman, i due che avevano tolto di mezzo fin dalla prima frazione di Fabio Maj la nostra staffetta ai Mondiali in Val di Fiemme. Lo svizzero ci ha provato e gli hanno tagliato la cresta, l’americano è rimasto sulle code. Bubo è sempre stato capace di infilarsi nei buchi che si creavano di volta in volta nel gruppo e passare a sua volta all’attacco quando, sull’ultima salita, il canadese Kershaw e il norvegese Svartedal hanno operato un allungo, al quale è stato il primo a rispondere riportandosi in scia e portandosi al traguardo nel gruppetto dei battistrada.

 Per la verità, ha detto, si era riproposto di essere lui ad attaccare per cambiare per primo, e aveva scommesso in merito,  ma gli è stato impossibile. “Andavano troppo forte, c’era il rischio di restar secco; meglio rientrare in discesa e arrivare con loro. Per Giorgio non sarebbe cambiato niente”. Di prammatica, poi, il ringraziamento al suo allenatore Vito Scandola, che l’ha sempre preparato alla perfezione, in modo particolare in questa occasione in cui era in gioco il posto in staffetta.

Giorgio Di Centa, nel suo inedito ruolo di secondo frazionista, doveva vedersela in modo particolare con Hjelmeset, uno dei massimi specialisti del classico, Filbrich,  Rotchev, Olsson e Rezac. Tutta gente che quando c’è da dare uno strappone non si tira indietro. Non li ha mai mollati, ha preso l’iniziativa in più di un’occasione, anche sul piano quando non sarebbe proprio stato il caso di farlo, ha replicato in salita, è rimasto tranquillamente con i primi sull’ultima discesa, arrivando al cambio in una posizione di cui mai prima d’ora Pietro Piller Cottrer aveva goduto. Partire addirittura insieme ai battistrada invece che essere costretto ad inseguire per recuperare il tempo perso dai primi due alternasti.

Condizione invidiabile di cui Pietro ha fatto tesoro imprimendo alla corsa la sua impronta fin dall’inizio, operando una prima selezione sulla salita meno impegnativa del tratto di anello più “piatto”, che ha messo Estil fuori gioco una prima volta, e replicando nel giro successivo per impedire che il norvegese, Vittoz e Alypov rientrassero dopo essersi staccati, e andandosene da solo sulla salita finale. Qui ha fatto letteralmente il vuoto, scollandosi dalle code Soedergren, e staccando di brutto Magal e Sommerfeld. Risultato immediato un gruzzolo di secondi di vantaggio che hanno consentito a Cristian Zorzi di partire per l’ultima frazione senza affanno, del suo passo, senza cambiamenti di ritmo né accelerazioni che non fossero strettamente necessari.

Ed effettivamente non lo sono stati perché l’ampia e redditizia pattinata di Zorro ha creato pian piano il vuoto alle sue spalle, tanto sul piano che in salita. Così inafferrabile che Angerer, una volta raggiunto Fredriksson, si è ben guardato dall’inseguirlo per riservare energie per il secondo posto visto che l’oro era ormai fuori portata. Un volo verso il trionfo, accompagnato dalle urla dei tifosi e dagli sbandieramenti dei tricolori: una vista che entusiasma e apre il cuore a chi ha ancora amor di patria. Che non è mancato al pubblico e a chi ha vissuto, trepidando davanti alla TV, la corsa dei nostri quattro primattori, che giustamente si sono guadagnati le parole di elogio che il presidente Ciampi ha fatto  pervenire. Ma anche quelli dell'amico norvegese Rov Olsen, uno che di fondo se n'intende, sempre puntuale quando i colori italiani salgono in alto, che trasmetto loro direttamente:

Congratulations with a great and well-deserved victory in today's relay race!
I don't know who impressed me the most, both Piller Cottrer, Zorzi og Valbusa were outstanding, and di Centa likewise had a great race.
Since Norway could not win, I was happy that Italy made it. A victory for courage and skill.

All the best,
Rolv

 La classifica
1. Italia (Valbusa Fulvio, Di Centa Giorgio, Piller Cottrer Pietro, Zorzi Cristian) 1:43.45.7
2. Germania (Schluetter Andreas, Filbrich Jens, Sommerfeldt Rene, Angerer Tobias) +15.7
3. Svezia (Larsson Mats, Olsson Johan, Soedegren Anders, Fredriksson Mathias) 16.0
4. Francia (Perrillat Christophe, Rousselet Alexandre, Jonnier Emmanuel, Vittoz Vincent) 37.1
5. Norvegia (Svartedal Jens Arne, Hjelmeset Odd Bjorn, Estil Frode, Hofstad Tor Ruud) 1.10.6
6. Russia (Novikov Serguei, Rotchev Vassili, Alypov Ivan, Dementiev Eugeni) 1.24.2
7. Svizzera (Burgermeister Reto, Stebler Christian, Livers Toni, Fischer Remo) 1.25.2
8. Estonia (Rehemaa Aivar, Veerpalu  Andrus, Mae Jaak, Kokk Kaspar) 1.38.1
9. Repubblica Ceca (Koukal Martin, Bauer Lukas, Magal Jiiri, Kozisek Dusan) 2.17.6
10 Finlandia (Jahuhojarvi Sami, Similae Tero, Ohtonen Olli, Kattilakoski Teemu) 2.50.4
11. Canada ( Kershaw Devon, Crooks Sean, Jeffrey Chris, Grey Gorge) 4.30.2
12. Stati Uniti (Freeman Chris, Flora Lars, Johnson Andrei, Swenson Carl) 4.58.5
13. Kazakistan (Golovko Andrei, Eremenko Dmitrii, Odnodvertsev Maxim, Koschevoy Yevgeniy) 5.17.9
14. Ukraina (Leybyuk Andrei, Olchanski Vladimir, Putsko Olexandr, Gumenyak Mikhail) 6.16.2
15. Cina (Xia Wan, Li Geliang, Zhang Chengye, Zhang Oiung) 6.54.8
16. Austria (Tauber Martin, Pinter Juergen, Diethard Roland, Eder Johannes) doppiata  dopo terza frazione e fermata)

 3ª frazione
1. Italia  1.17.43  (Piller 24.59.1 (miglior tempo), 2. Svezia +4.6; 3. Repubblica Ceca 18.8; 4.  Germania 19.3; 5. Norvegia 42.9; 6. Svizzera 54.9; 7. Francia 55.0; 8. Russia 58; 9. Estonia 1.13.9; 10. Finlandia 1.34.7; 11. Kazakistan 2.27.2; 12. Stati Uniti 3.31.3; 13. Canada 3.41.5; 14. Ukraina 3.54.0; 15. Cina 4.54.1; 16. Austria 5.21.5

 2ª frazione
1. Repubblica Ceca 52.42.9; 2. Russia +0.6; 3. Norvegia 0.9;  4. Germania Italia 1.2; 5. Italia 1.7; 6. Svezia 5.9; 7. Francia 8.7; 8. Svizzera 9.3; 9. Finlandia 42.1; 10. Estonia 42.7; 11. Kazakistan 1.09.1; 12. Stati Uniti 1.48.0; 13. Ukraina 2.26.3; 14. Canada 2.40.0; 15. Cina 3.31.3; 16. Austria 3.24.1

 1ª frazione
1. Canada 25.52.3; 2. Norvegia 0.7; 3. Svezia 1.1; 4. Germania 1.7; 5. Italia 1.7; 6.  Finlandia 3.8; 7. Repubblica Ceca 9.3;  8. Svizzera 9.7; 9. Stati Uniti 10.8;  10. Estonia 42.7; 11. Russia 11.4; 12. Francia 13.1; 13. Ukraina 44.4; 14. Estonia 53.4; 15 Cina 1.35.6; 16. Austria 2.15.2

 Giorgio Brusadelli         
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