Paola Giacomelli, la
miss che sorride alla fatica
A
contraddistinguere Paola Giacomelli nello sport non sono i risultati, comunque di
buon valore e quindi da non sottovalutare, ma il sorriso. Sempre dolce, anche quando è
sotto sforzo e comincia a sentire che le gambe si ingrippano e le pulsazioni salgono alle
stelle. Nello sci di fondo, in bicicletta, nella corsa, negli skiroll o nel nuoto,
specialità che si combinano in sport multipli, come il duathlon o il triathlon estivo o
invernale. Ragazza poliedrica, dunque, questa veronese di Valeggio sul Mincio, che ha
cominciato con la danza classica per trasferire poi la sua passione, sulla scia di papà
Giovanni, a quegli sport di resistenza il cui primo presupposto resta sempre il piacere
della fatica che non è sicuramente masochismo, come si potrebbe pensare, ma voglia di
provarsi. Di confrontarsi con se stessa. Pian piano è diventata un personaggio di cui le
cronache hanno cominciato ad interessarsi quando è stata finalista del concorso di Miss
Italia. Una delle cento bellissime che ha lasciato di stucco Fabrizio Frizzi sul
palcoscenico di Salsomaggiore quando il presentatore, nel consueto scambio di battute con
le quali cercava di inquadrare la personalità e la spigliatezza delle candidate, si è
trovato trascinato su un terreno che esula dagli schemi abituali di questo concorso di
bellezza.
Indiscutibilmente bella ma prima di tutto
sportiva. Per vocazione. Una "runner" di gare da "da pelle d'oca",
quelle fuori dell'ordinario, a metà fra l'avventura e l'impresa sportiva che a buon
diritto le hanno meritato unintervista sulla rivista "Correre"
dellaprile 2001 che comincia così:
"86-60-86: le misure di una Miss. Per
la precisione della neoeletta Miss Donna Informa 2000. Una su mille, alla Morandi? Di
più. Una su cinquemila e cinquecento, tante erano le candidate al titolo, assegnato il 29
settembre in quel di Positano. La fascia della vincitrice è toccata a Paola Giacomelli,
una longilinea biondina dai modi cortesi. Vent'anni appena, ma già a suo agio sulla
passerella dei concorsi di bellezza. Naturalmente, e non potrebbe essere altrimenti,
"le phisique du rhôle" c'è. Già Miss Ragazza Ok, Miss
Ingambissima, Miss Fashion Girl, Miss Malo, Miss Cinema Trentino-Alto Adige, Paola
esibisce credenziali più che eccellenti.
Fin qui nulla di strano: una che approda
alla finale di Miss Italia ha tutti i numeri per uscire dal mazzo. E non solo quelli
canonici del giro vita. Ma ciò che colpisce maggiormente, e che ha incuriosito anche
Fabrizio Frizzi quando l'ha intervistata, è l'indole sportiva di questa ragazza che, via
dagli studi fotografici, con estrema nonchalance si toglie i tacchi a spillo e va a
correre. Quotidianamente. Anzi, che fa addirittura le gare, maratona compresa, e si
concede il lusso di primeggiare, come è successo a New York, la madre di tutte le
maratone, dove è riuscita a strappare un prestigioso primo posto nella categoria under 20
con un rispettabile crono di 3h19'. Liscrizione alla gara fu il suo premio per il
diploma in ragioneria (93/100). Sempre con il sorriso sulle labbra dunque, anche in quella
maratona quando tagliò il traguardo tenendosi per mano con papà, e in tante altre
occasioni in cui la fatica dovrebbe trasformarlo in smorfia di dolore e di stanchezza più
che giustificata. Un sorriso che laccompagna ovunque come un marchio di fabbrica e
che si nota persino nelle foto della Marcialonga quanto della Cortina-Dobbiaco, nel winter
triathlon ma anche mentre in bici scala i passi dolomitici o mentre corre una maratona.
Paola Giacomelli durante un allenamento con gli skiroll
Atteggiamento abituale o vezzo istintivo
quando si profila lobiettivo del fotografo o della telecamera?
«Non è una posa studiata come potrebbe apparire. Semplicemente lespressione di
quello stato danimo, della serenità con cui affronto tanto la routine quotidiana
quanto ogni tipo di sport che, per me, è prima di tutto unoccasione di
socializzare, di conoscere facce nuove anche nell'atmosfera della competizione, quel misto
di sfida e solidarietà che accomuna gli atleti. Anzi, ricordo che fu proprio questo a
colpirmi in occasione della mia prima gara importante, le finali di corsa campestre a
Catania: tutti quei ragazzi che, gareggiando, diventavano amici. Allora frequentavo la
prima media e mi piazzai ventunesima. Ai concorsi di bellezza ci sono arrivata quasi per
caso. Costretta al riposo da una tendinite che mi ero presa nella Transjurassienne, la
più nota granfondo francese, sono capitata in una discoteca con degli amici. Cera
un concorso, vi ho partecipato. E stato il primo della trafila che mi ha portato
alla finale di Miss Italia».
Lo sport è sicuramente la tua
passione: ma cosa sogni di fare da grande?
«Continuare la strada che, in piccolo, ho già intrapreso. Arrivare magari alle
passerelle della moda, in televisione. Quanto abbia a che fare con i riflettori e un
microfono, insomma. Sono ancora alla gavetta. Madrina di serate sportive, immagine
dellAdidas a Expo, una trasmissione per Odeon TV con Marco Bellavia, "Pedalando
per solidarietà", per la Fondazione Teodora che finanzia la presenza di medici clown
nei reparti pediatrici degli ospedali. Mi piace sfilare. Posare per un servizio
fotografico. Prestare la mia immagine a cataloghi, pubblicità, eventi turistici. E' il
mio lavoro e lo faccio con entusiasmo. Ma considero essenziale anche lo sport, che pratico
con altrettanta passione e che diventa una speciale terapia contro lo stress di cui sono
intrise professioni cosi precarie, dove tutto si brucia in un amen. L' attività fisica è
la valvola di sfogo, che mi aiuta a star bene».
I tuoi cosa ne pensano?
«Ho dei genitori in gamba, sono contenti di quello che faccio, mi agevolano in tutti
i modi ma mi tengono anche con i piedi per terra. Il papà, che è quasi sempre al mio
fianco, sovrintende alla mia vita sportiva e non si tira mai indietro, si tratti di un
triathlon a coppie o di un'impresa pazzerella tipo la spedizione del 3 agosto 2000 quando,
in occasione della giornata mondiale della gioventù, sono partita di corsa per Roma,
insieme a tre amici: 620 km in 2 settimane. La bellezza di 14 maratone consecutive! La
mamma, invece, che è parrucchiera, tiene d'occhio il versante modaiolo. Il suo contributo
è prezioso, e non solo in materia di trucco e pettinature».
Lasciamo i sogni e veniamo al concreto, alla tua vita da sportiva
.
«E iniziata da bambina, con la corsa campestre. Poi sono venute le
Minimarcialonghe dal 1986 al 1991. La prima Marcialonga ufficiale è stata la 23a, quella
del 1996, e lho conclusa in 6h37, al 2481° posto. Ma era già tre anni che
partecipavo con il pettorale di un altro. Da allora è stata una scalata verso la prima
fila. Le granfondo di sci le ho fatte un po, quelle che preferisco sono la Sgambeda
e la Dobbiaco-Cortina. Nel 97 ho partecipato alla Rajalta Rajalle, un trekking con
gli sci di 444 km in 7 giorni, dal confine russo a quello svedese, nel cuore della
Lapponia».
Come ti trovi meglio: stile classico o
skating?
«Stile classico. Il passo alternato è tuttaltra cosa rispetto al pattinato.
Nel fondo come nello skiroll, anche se con le rotelle questa tecnica ormai si usa solo
sulle salite dure. E prima di tutto una questione di tradizione, di cultura. Ti devi
preparare di più, curare ogni dettaglio dei vari passi, la coordinazione perfetta di
tutti i movimenti, imparare ad amare quello che metti sotto le solette, anche le klister
che ti impiastricciano le mani. Papà, che è un grande appassionato di fondo e che se la
cava bene fra gli amatori, mi ha insegnato a prepararmi gli sci, e lo faccio
abitualmente».
Corsa e sci di fondo le specialità che
preferisci?
«Certamente sono quelle cui mi dedico di più. Corsa su strada, più che su pista.
Non mi piace girare in tondo. Ho fatto qualche 10.000, la Lupatotissima. Nella mia
frazione della 24x1h ho un personale di km 14,6 e rotti. E poi il nuoto, il ciclismo, il
duathlon, lo skiroll, la mountain bike, le ciaspole. Il tutto a rotazione stagionale,
tenendo conto del clima e della mia voglia di novità. Una sorta di cross training a largo
spettro, per avere sempre nuovi stimoli e differenti obiettivi».
Ogni sport è
buono per tenerti in movimento tutto lanno. Ma come trovi il tempo per allenarti?
«Approfitto di ogni momento libero. Comunque non passa giorno che non faccia
qualcosa. Non cè acqua o neve che possano bloccarmi in casa. Se il tempo è scarso
mi limito ad una corsetta; per lo sci, invece, devo poter disporre di almeno mezza
giornata, poiché la neve non è a portata di mano a Valeggio
. Da qualche anno mi
dedico molto al ciclismo. Mi piace tantissimo, ma è anche quasi un obbligo morale poiché
il mio fidanzato è un ciclista professionista. Ma non solo per questo. Come lo sci di
fondo, è infatti lo sport che consente di socializzare di più. Nelle granfondo si
formano ogni tanto degli imbuti, che ti costringono a rallentare o a fermarti addirittura,
ci sono i rifornimenti e non sono certo io a prendermela per queste soste forzate.
Costituiscono quasi un momento di relax, mi permettono di conoscere altra gente. Salgo
sulla bici in marzo e ne scendo in ottobre, quando comincio a prepararmi per lo sci.
Questanno, anche per stare un po di più con il mio fidanzato, ho fatto 10.000
km. In questi anni ho partecipato alle più importanti granfondo: Nove Colli, Felice
Gimondi, Chesini, Davide Cassani, Luciano Pezzi, Maratona delle Dolomiti, perfino una a
Città del Capo, in Sudafrica. Ho cominciato con i percorsi più brevi e ho aumentato
progressivamente la distanza. Adesso posso arrivare bene anche ai 200 km. Me la cavo in
salita, dove vado dagilità; sul piano, quando è il caso, non ho problemi a
spingere i rapportoni. Tra corsa, sci e skiroll non è certo la potenza di gambe a farmi
difetto. In giugno, dabitudine, metto in cantiere un giro di una settimana; quando
cè stato il Giubileo abbiamo scelto il sentiero dei cristiani di San Giacomo di
Compostella».
Al triathlon e al duathlon come sei
arrivata?
«Per evoluzione naturale ma anche per caso. Sul set pubblicitario di un
elettrostimolatore ho conosciuto Giampietro De Faveri, il campione italiano di triathlon
lungo, che è poi diventato mio allenatore, ed è stata subito sfida. Mi sono messa a
lavorare duro e in due winter triathlon, uno in Svizzera e l'altro in Germania, ho
agguantato un paio di lusinghieri secondi posti (cat. juniores) e poi sono arrivate le
vittorie ai campionati italiani di duathlon e winter triathlon di categoria. Nel 2001 la
convocazione con la nazionale per gli Europei, i Mondiali e nel 2002 la finale di Coppa
Europa a Malles. Prendo abitualmente parte anche a qualche triathlon skiroll. Memorial
Crestani, Balboa Cup. Quello individuale, naturalmente, poiché mi piace cimentarmi in
tutte e tre le frazioni di skiroll, mountain bike e corsa».
Moto perpetuo, dunque. Ma trovi anche un
po di tempo al di là dello sport, per divertirti come tutte le ragazze della tua
età?
«Sicuramente. Nella mia vita cè sempre un giusto equilibrio fra lavoro, sport
e divertimento. Mi piace ballare, ho la musica nel sangue. Non per niente ho fatto 10 anni
di danza classica. Quando è il caso vado anche in discoteca. Sono golosa da morire. Mi
piace mangiare e bere di tutto, tanto più che non ho problemi di linea. Rientro
tranquillamente nella taglia 40. Se talvolta mi capita di esagerare, il giorno dopo brucio
tutto quello che ho accumulato in eccesso». |