L'avventura del fondista di Sormano, tecnico della nazionale di skiroll, che si è classificato al terzo posto nella corsa del Circolo Polare Artico, in Groenlandia. Un altro test pro diabetici
Mauro Sormani (a destra nella foto), tecnico della nazionale di skiroll unitamente a Ripamonti, Ranaldi e Sironi, a conclusione della stagione sciistica si è tolto lo sfizio di partecipare, in Groenlandia, alla decima edizione dell’ACR, Artic Circle Race, la corsa del Circolo Polare Artico Polare. Tre tappe rigorosamente a tecnica classica, per quasi 160 km complessivi, dal 31 marzo al 2 aprile, a Sisimiut, un paese che conta 2500 abitanti e 7000 cani, dove si arriva con volo da Copenhagen. 1300 euro costo di iscrizione compreso, 138 concorrenti fra uomini e donne, e lui è arrivato terzo mantenendo fino al termine la posizione conquistata nella tappa iniziale. Ordine d’arrivo inalterato per tutte le tre frazioni, delle quali la più lunga e impegnativa è stata la prima, mentre la seconda ha palesato le maggiori difficoltà altimetriche, con un dislivello di 1500 metri. Due concorrenti locali sempre ai primi due posti, con Øystein Slettermark che si è preso la rivincita su Martin Moller che l’aveva battuto nelle precedenti edizioni, mentre Sormani ha difeso il terzo gradino del podio dall’attacco degli altri pretendenti.
Ha messo a frutto l’esperienza maturata in tanti anni di agonismo e di granfondo , quest’anno Sgambeda e Marcialonga, dopo essersi fatto un paio di Euroloppet, e ha approfittato del buon allenamento che una volta tanto ha potuto permettersi senza doversi allontanare da Sormano, il paese in cui abita e dove ha sede lo sci club del quale il padre Mario è la colonna portante e lui l'allenatore. Infatti per la prima volta da 30 anni a questa parte, è nevicato in abbondanza al Pian del Tivano, un ampio pianoro del Triangolo Lariano, la catena montuosa che divide i due rampi del lago di Como, e la temperatura mantenutasi rigida per più di un mese e mezzo l’ha conservata in modo eccellente. Tanto sulla pista bassa quanto su quella agonistica, alla Colma, sulla sommità del famoso “Muro” ciclistico dove un tempo passava il Giro di Lombardia. Un caso eccezionale, roba da stick quando, solitamente, si viaggia a klister perché il sole e la bassa quota (1000 metri) ne alterano l consistenza, e condizioni che hanno riportato in zona quei fondisti dell’hinterland milanese che negli anni scorsi per carenza di materia prima avevano preso altre strade.
E di stick si è servito anche nella corsa del Circolo Polare Artico pur in condizioni ambientali che dalle nostre parti avrebbero richiesto l’uso di scioline molli come la neve quasi bagnata della prima tappa, con temperatura soprazero che però non ne modificava più di tanto i cristalli. Le due tappe successive, invece, sono state caratterizzate da temperatura più fredda e da una spruzzata di neve fresca che, accumulandosi sui binari battuti durante la notte, hanno reso più dura la marcia di Slettemark che ha fatto da battipista senza compromettere il proprio risultato. Una spanna sopra tutti, come del resto lo sarebbe stata la moglie Uiloq, che ha vinto tutte le precedenti edizioni ma, schierandosi alla partenza pur incinta di 7 mesi, non ha potuto forzare più di tanto. Però è arrivata ugualmente fra le prime.
Acquisito subito il terzo posto, considerato il divario dai due che lo precedevano, già forti di per se stessi e conoscitori del percorso, per Sormani si è trattato più che altro di una corsa tattica, controllando l’eventuale recupero degli avversari. Non ha avuto problemi ma è stata dura resistere su salite sulle quali si procedeva a spina di pesce per centinaia di metri e con picchiate in discesa dove le cadute erano all’ordine del giorno perché, pur con tutta la buona volontà degli organizzatori, la pista battuta durante la notte, poteva essere danneggiata da passaggi estranei prima dei concorrenti. Come è stato il caso di una gara di sleddog, piuttosto comuni da queste pareti dove le slitte trainate da cani sono abituale mezzo di trasporto e trasferimento.
Bella esperienza, comunque, questa ACR, che non è una delle solite granfondo. Consiste più che altro in una veloce marcia di trasferimento da un accampamento all’altro, con posti di rifornimenti ridotti all’essenziale (un paio con cioccolato, pane the), tanto che i concorrenti devono portarsi dietro uno zaino del peso minimo di 5 kg alla partenza ( e 3,5 all’arrivo) con un kit di sopravvivenza obbligatorio. Si dorme in tende a due posti, messe a disposizione dall’organizzazione, si cena tutti insieme sotto un tendone mensa Ognuno però deve provvedere in proprio a farsi da mangiare con un fornello alimentato ad olio, con acqua già bollente a disposizione, nella quale, come nel caso di Sormani, versare la pasta che si era portato da casa con il parmigiano e altre razioni d’emegrenza.
Bisogna dunque sapersi arrangiare e lui a questo ci è abituato poiché, giramondo per passione, a condizioni del genere si è assuefatto, come pure a curare il suo stato di diabetico. Con questa situazione convive da sempre, riuscendo ugualmente a fare sport ad alto livello. Un’esperienza di cui altri potranno beneficiare. Ha effettuato dei test su se stesso, come gli è capitato nella spedizione al Cho-You, uno deille vette +8.000 dell’Himalaya quando, con altri diabetici, hanno messo alla prova e studiato le condizioni che si manifestano in una scalata ad alta quota senza l’uso di ossigeno. In vetta ci è arrivato il vicentino Marco Peruffo, lui ha raggiunto quota 7560, mentre il brianzolo Italo Casiraghi si è fermato a 7200. Una grande impresa. L’estate scorsa, con una spedizione internazionale, ha raggiunto la vetta del Peak Lenin, nel Kirgikistan collaudando un apparecchio che segnava qualsiasi consumo energetico. E anche in questa occasione ha sperimentato il controllo della glicemia tranne un altro apparecchio miniaturizzato di prossima presentazione. Sport al servizio della scienza e viceversa, dunque, e questo comasco ne è un prezioso “testimonial”.