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Valerio Checchi: il Tour de Ski l'ha rilanciato alla grande

E' finalmente tornato il campione che prometteva di essere ma che, per colpe non tutte sue, ha perso l'occasione dell'appuntamento di Torino 2006. Ora è in piena corsa per Vancouver 2010

 Eccellenti qualità metaboliche che consentono prestazioni molto elevate, tecnicamente ben impostato anche se ci si può lavorare sopra poiché ha ancora margini di miglioramento specie nella scivolata spinta nella quale fatica un poco. Grande talento, non prende troppo seriamente l’attività sportiva ma ci mette ugualmente una gran grinta. Carattere mediterraneo, insomma. Quando poi si concentra tira fuori più degli altri. Ottimo tanto in classico che a skating, se  trova costanza e continuità può essere fra i dieci in tutte le gare. Attualmente è al quinto posto nella classifica di Coppa del Mondo per la distanza, può far bene l’anno prossimo e ancora meglio nel 2010.

Il giudizio riportato in queste prime righe è di Marco Selle, l’allenatore della squadra di  Coppa del mondo maschile, e riguarda Valerio Checchi (nella foto Newspower Canon in testa al gruppo nella 20 km mass start di Lago di Tesero). Quanto alla data, è quella delle Olimpiadi di Vancouver  dove, in aggiunta alla “vecchia guardia”, l’atleta in discussione sarà un’altra validissima carta da giocare dopo il fallimento di Torino 2006 dove, per una serie di circostanze negative, Valerio è purtroppo mancato all’attesa. Non solo e non certo per colpe esclusivamente proprie, ma anche del clima che si era creato in squadra, della bagarre che aveva caratterizzato la formazione della staffetta. Il diretto interessato, però, ha incassato e non fa polemiche.  La sua rivincita se la sta prendendo adesso. Finito il Tour de Ski, una scappata a casa a trovare famiglia e morosa, alla quale aveva comunque dedicato un bel pensiero ancora senza fiato, a conclusione della gara. Attualmente si trova a Bormio dove alla pensione Adele  ritrova il calore del suo ambiente di Subiaco, e in Oreste Demartin un vecchio amico oltre che un commilitone. Forestale come lui da quando, lasciate dopo 9 anni le Fiame Gialle, a Città Ducale  Valerio ha messo la firma per il nuovo arruolamento ottenendo l’immediato distacco.

 Una scelta di vita, in vista delle nozze con Francesca in programma il 17 maggio, quando la ragazza, amore giovanile che ha resistito al tempo e alla distanza, avrà probabilmente già conseguito la laurea in scienze della comunicazione. Proprio in questi giorni ha consegnato il CD della tesi. Andranno ad abitare nella vecchia casa di famiglia, adeguatamente rinnovata secondo i propri gusti ed esigenze. Comoda anche in proiezione futura, considerando che si trova a due passi dalla stazione della Forestale a Subiaco.

In Alta Valtellina si sta preparando per la trasferta di Canmore alternando i suoi allenamenti fra  Isolaccia, Livigno e S. Caterina Valfurva. Lento, prove ripetute e cambi di velocità richiedono infatti quote e piste diverse. Assistito, per quanto riguarda i test e la preparazione dei materiali, da Fausto Bormetti (con lui nelle foto), che da   questa stagione è il suo skiman di riferimento. Oltre che di lui, si occupa pure di Fulvio Scola e Stephanie Santer.

 Un’incombenza sicuramente impegnativa ma piacevole e gratificante, afferma il carabiniere di Livigno, veterano della nazionale  che proprio da quest’anno, con la ristrutturazione dello staff tecnico,  è passato dalla responsabilità delle scioline di scorrimento dell’intero gruppo di Coppa al lavoro specifico con i tre atleti dei quali cura i materiali. Che per lui risulta pure piacevole e quasi distensivo per il  semplice motivo che ha riscontrato in Checchi la sua stessa affinità per i materiali di cui dispone, sia che si tratti di sci da classico che da skating. Caratteristiche diverse ma identica sensibilità. Una specie di simbiosi che in questo caso si trasferisce sulla neve dove le sensazioni debbono combaciare.

Per dirla in parole povere e in termini più esplicativi, lui sceglie, prepara e prova gli sci, e quelli che meglio si adeguano al proprio tipo di sciata vanno altrettanto bene per Valerio. Messo sul pratico, questo significa, una volta riscontrata la miglior efficacia sul terreno, restringere la preparazione definitiva  a due massimo tre sci fra la ventina e più disponibili. Appare evidente che in un caso del genere ci sono ben pochi margini per l’incertezza e il risparmio di tempo è notevole in quanto la valutazione di Checchi resta  ristretta al minimo indispensabile, il che gli dà maggior tempo per la fase di riscaldamento, con la testa concentrata solo sulla gara e non sull’alea della preparazione del materiale.

 E non è certo un caso che da simili condizioni gli siano arrivati i suoi primi due podi di Coppa del Mondo. La dimostrazione più lampante l’ha offerta nel secondo inseguimento di Nove Mesto, la sua gara più bella in carriera. Presentandosi ben riscaldato in partenza, ha potuto carburare immediatamente e scatenarsi nel finale, tirando il collo a tutto il gruppo che inseguiva l’ormai lontano Bauer fino a ritrovarsi in scia solo Piller Cottrer, Di Centa  e Gjerdalen. E lo stesso ha fatto nella mass start di lago di Teser (nelle foto mentre marca stretto Bauer) quando, nel finale di una gara corsa sotto una fitta nevicata che aveva richiesto il ricorso al pelo, ha preso la testa del gruppone per respingere tutti gli attacchi e agevolare il compagno di squadra, e di stanza, Pietro Piller Cottrer, che in classifica era il meglio piazzato fra gli azzurri.

 Valerio, invece, fra mal di schiena e neve lucida, nella 15 km in classico si era giocata la possibilità di puntare al podio finale del Tour de Ski. Nella crisi generale della squadra, nessun azzurro nei 30, lui era arrivato 50° a 3 minuti e 22 secondi, finendo 26° nella classifica generale a 3’55”. Distacco evidentemente irrecuperabile, anche se nella tappa conclusiva del  Cermis, pur correndo tutto da solo nel tratto in piano ha recuperato il 15° posto finale. Buono ma ancor più indicativo di quanto sarebbe stato migliore senza l’inopinata crisi della quinta tappa.

Per diventare un atleta “completo” gli manca solo la volata negli ultimi 70 metri e la fase di partenza magari un po’ più accelerata che però, da diesel che sa innestare il turbo nel finale, ha comunque già notevolmente migliorato. “Ho preso più sicurezza”, ammette. "Ma rivoluzionarne le caratteristiche sarebbe comunque pericoloso, spiega Marco Selle, perché fargli guadagnare in parte il tempo che rispetto agli altri perde nei primi due chilometri potrebbe compromettere poi la progressione e quel gran finale che evidenzia nelle sue prestazioni. Va meglio, almeno per adesso, il compromesso che è in grado di attuare".

 E che tutto sia avviato per il meglio lo sta dimostrando il salto di qualità e di risultati (nella foto nell'insolita veste di sprinter ad Asiago) dopo un’estate e un inizio di stagione nel quale, come dice lui, era un po' “fuso”. Problemi con le Fiamme Gialle che, quando sono venute a conoscenza del suo passaggio alla Forestale in qualità di vincitore dell’apposito concorso “per meriti”, gli hanno provocato qualche difficoltà sul piano psicologico e pratico. Stress da congedo si potrebbe definire questa specie di mobbing subìto da parte del gruppo sportivo che lo aveva arruolato 9 anni fa, al secondo anno da junior, agevolandolo con ogni mezzo nella sua crescita uomo e di atleta che l’ha portato alla nazionale, e che in un certo senso si è sentito tradito dal trasferimento alla concorrenza.

La costrizione del ritorno in caserma dopo ogni gara quando gli altri azzurri andavano invece a casa  loro non era certo il miglior viatico per chi deve finalizzare corpo e testa alla preparazione di risultati che inizialmente sono perciò mancati. Gli mancava quella giusta concentrazione che ha ritrovato, insieme alla forma, quando la questione si è appianata, tanto che al momento del congedo da entrambe le parti ci si è lasciati con reciproci attestati di stima e di riconoscenza. Clima da tarallucci e vino, insomma; magari ci è scappata anche qualche lacrimuccia. Come era giusto e doveroso che fosse perché l’atleta dall’appoggio gruppo sportivo è stato messo in condizione di “volare alto” e il gruppo sportivo a sua volta ha potuto trarre beneficio dai risultati ottenuti. Le strade, come si è detto, si sono divise non per malanimo ma a seguito di una precisa scelta di vita. E cioè il futuro a casa propria, vicino alla famiglia e fra la gente in mezzo alla quale è cresciuto.

 Dopo lo stress da congedo, restava da accantonare  anche lo “stress da materiali”. Con Bormetti al fianco, con Selle con il quale c’è sicuramente maggior dialogo che con Chenetti,  ora Valerio si sente più tranquillo sotto ogni aspetto, e questo è fondamentale non solamente sul piano psicologico. La questione materiali, infatti,  è importante: specialmente in tecnica classica è un problema che si pone più spesso di quanto si possa immaginare. Nel caso di Checchi, per esempio, oltre alla tenuta che per lui deve essere al 100 per 100 (e questo va a scapito della scorrevolezza e quindi della velocità), è legato alla neve e alla consistenza della stessa. Rende al massimo su nevi fredde e binari compatti, è costretto a cambiare sciata e ad assumere un passo che gli è inusuale e causa danni alla schiena quando invece diventa lucida o è smossa. Ed è appunto in situazioni del genere che la sintonia fra tecnico e atleta diventa fondamentale.

A quanto pare l’inedita accoppiata funziona (“con Fausto è un’altra musica" confessa Valerio) e i risultati fin qui ottenuti lo stanno a dimostrare.  Quanto ai materiali, però, qualcosa da migliorare resta ancora, e non lo si può nascondere visto che gli sci di quest’anno, pur bellissimi e stabili sono meno performanti di quelli vecchi. Risulta, e lo si vede, il più efficace in discesa, dove è migliorato tantissimo, anche per meriti e qualità personali, poiché è quello che appare più sicuro in ogni condizione di pista e di neve, e questo deriva probabilmente dalla stabilità che lo sci nuovo gli assicura. Non si riesce invece  a trovare una spiegazione pratica rispetto alle migliori prestazioni dei vecchi sci che, per sua fortuna, ha avuto il buon senso e la previdenza di conservare. Proprio in questi giorni lui e Bormetti stanno testandone di nuovi, che gli sono appena stati consegnati dalla Fischer. Quei Carbon nati con idee rivoluzionarie, che vanno dritti sul ghiaccio quando gli altri scodinzolano, ma sono “gnucchi” in altre condizioni. Più stabili, dunque, ma più duri e meno reattivi in fase di spinta. Da rivedere, nell’interesse degli atleti ma anche di chi li produce. Avversari avvisati se dovesse trovare il paio giusto....

Giorgio Brusadelli
www.fondoitalia.it

 




Da staff, Martedě, 15 Gennaio 2008 17:28, Commenti(0)
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