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50 km mondiale: doppietta norvegese con Hjelmeset d'oro

E' il primo, dopo due bronzi, per il massimo esponente della tecnica classica. Dietro di lui Estil e il tedesco Filbrich. Dell'Italia arriva solamente Di Centa, ma 33° a 10 minuti. Ritirati Checchi e Santus, non partito Piller Cottrer

 SAPPORO (Giappone) 4 marzo – Doppietta norvegese nella 50 km mass start a tecnica classica: vince Odd-Bjoern Hjelmeset battendo Frode Estil in una volata mozzafiato, decisa a forza di spinta proprio sul traguardo; terzo, leggermente staccato, il tedesco Jens Filbrich che nell’arroventata bagarre finale si lascia alle spalle il connazionale Tobias Angerer. Unico azzurro all’arrivo Giorgio Di Centa, 33° a 10 minuti abbondanti. Valerio Checchi si è fermato dopo 5 km, buttando via sci e bastoncini, mentre si trovava in quarantesima posizione con il morale sotto i tacchi delle scarpe; Fabio Santus è rientrato ai box dopo 35 km, mentre era 35°.

E’ stata una gara massacrante, ma contemporaneamente un vero e proprio festival della tecnica classica grazie ad un percorso che da tempo immemorabile non si riscontrava altrettanto mosso, con la debita proporzione di discesa tecnica, falsipiani da spinta e passo spinta, salite da tirare il passo alternato ma con qualche tratto a spina di pesce, curvoni dove saper applicare il passo di giro senza incorrere nella squalifica per pattinata. Della tecnica tradizionale mancavano solo il passo triplo e quello finlandese, che sulle piste del giorno d’oggi e con l’attuale livello di preparazione degli atleti non servono più a niente. Sono diventati anacronistici.

 E non è certo un caso che a vincere sia stato proprio Hjelmeset che del classico è il massimo interprete, anche se, sul piano individuale al di là del bronzo olimpico di Salt Lake City2005 e dei Mondiali di Oberstdorf2005 non è mai andato. Ha sempre imposto o contribuito alla selezione decisiva per trovare poi, una volta raggiunto lo stadio, qualcuno più veloce di lui magari dopo aver vivacchiato per chilometri sulla sua scia: Estil e Aukland in Germania, Ivanov e Veerpalu negli USA.

Una volta tanto la mass start ha esaltato il (poco) pubblico presente, una costante di questi Mondiali, ma ancor più quello televisivo per riprese quasi sempre appropriate al di là di una grafica quasi impossibile da leggere, facendo riscoprire il fondo combattuto, con attacchi e contrattacchi, non quello ormai tipico delle gare a skating che si concludono quasi inevitabilmente in volatone a gruppo compatto. E' ormai prassi che  emerga non il più forte ma chi, restandosene al coperto, ha saputo conservare maggiori energie. Qui il gruppo è durato poco: la “zavorra” si è staccata già dopo poche centinaia di metri, quelli più scarsi, che cercavano di salvarsi viaggiando in coda o nelle pieghe, venivano letteralmente ributtati indietro ad ogni salita.

A dettare il ritmo si davano quasi regolarmente il cambio norvegesi e tedeschi, cioè gli esponenti delle maggiori scuole attuali in fatto di tecnica classica, che sanno insegnare, pur con diverse  angolazioni del busto (molto allungata quella nordica, più diritta quella tedesca) come far scivolare gli sci specialmente nelle condizioni di neve odierna. E  cioè  trasformata  in granelli come lo zucchero, che potevano passare dal ghiacciato al bagnato a seconda dell’esposizione al sole che oggi si è fatto sentire. Quindi spinta da effettuare sollevando la coda di quel minimo che, al momento dell’appoggio per la scivolata in avanti, riducesse all’essenziale l’attrito che si verifica al  contatto con la pista. Cioè quel tanto da attaccare senza fare lo zoccolo che ti mette subito fuori gara.

 Hjelmeset ed Estil, che in questo sono maestri, hanno trovato insperati alleati nel francese Gaillard, mai visto tanto attivo ed autoritario, nel ceco Bauer, che disponeva degli sci sicuramente più veloci, nell’intero squadrone tedesco (Filbrich, Angerer, Sommerfeldt, Reichelt), nello slovacco Bajcicak. Ma a determinare la frattura che ha proiettato avanti un gruppo di una ventina  e piantato sul posto tutti gli altri, è stato lo svedese Soedergren. L’unico, con Piller Cottrer, che dà sempre battaglia a skating rifiutando le tattiche attendistiche.

Oggi Pietro non c’era; figurava fra gli iscritti ma non è partito. E  così è stato le svedese con una trenata poderosa al km 18 a decidere, con la sorte  della corsa anche la fine propria e di Di Centa che fin lì si era mantenuto brillantemente nelle posizioni di testa, pur faticando per i soliti problemi di materiali. Lo svedese, dopo una tirata di un paio di chilometri, si è infatti piantato su una curva in salita e ha cominciato a perdere terreno e posizioni, tanto da concludere 14° a poco meno di tre minuti.

Di Centa, invece, ha mollato non appena Soedergren ha cominciato a strappare. Da quel momento la sua è stata una corsa di pura sofferenza, di mortificazione, che però ha evidenziato la tempra del campione olimpionico che ha voluto arrivare a tutti i costi al traguardo. Per rispetto del pubblico, ma ancor più di quanti da anni lavorano con lui per portarlo ai traguardi raggiunti. Gli allenatori, gli skimen, il medico, il fisioterapista, ma anche la famiglia e gli amici che gli stanno accanto nell’ombra per liberarlo da ogni preoccupazione e agevolarlo nella sua vita da atleta al massimo livello. Poteva ritirarsi, come hanno fatto in tanti, e nessuno avrebbe obiettato. Invece ha continuato il suo cammino verso il traguardo, che per lui si prefigurava come un calvario, con il passo del perdente ma con il cuore di chi sa di fare il suo dovere.

 Era l’ultima occasione per festeggiare la nascita del figlio dedicandogli una medaglia, ma non c’è riuscito. Lo hanno respinto sci che non hanno risposto come credeva a questo strano tipo di neve. “Dal mazzo avevo scelto quelli più veloci, ma con il sole sono calati di prestazione, come del resto è avvenuto anche per gli altri della squadra. Vedevo di non andare  come avrei voluto,  che a quel ritmo sarei finito molto indietro, ma non mi sono mai perso d’animo. Questo è il mio lavoro; non ero lì per divertirmi. Era quindi giusto e addirittura un dovere che arrivassi alla fine. Anche per rispettare il lavoro degli altri”.

Un approccio verso chi lo ha intervistato e che ha poi spiegato quando ha telefonato alla moglie, che dimostra le qualità dell’uomo, la professionalità e lo stoicismo dell’atleta, lo spirito di sacrificio, la resistenza alla fatica anche quando si sentono i crampi attanagliare gambe e braccia, l’orgoglio e la dignità del campione che, pur battuto, non si sottrae scappando. Più della medaglia, un esempio e un monito per il piccolo William non appena sarà in grado di capire chi è veramente suo il suo papà, e per chi vuol vincere in questo durissimo sport che è lo sci di fondo.

Il gran finale di gara

 Dai due terzi in poi la gara, oltre che esaltante, è stata anche appassionante per un susseguirsi di colpi di scena degni di un thriller. Restano in 9, poi in 7. Il più brillante appare Bauer, che sfrutta ogni volta un tratto in salita e la successiva discesa dove i suoi sci fanno la differenza permettendogli di guadagnare qualche decina di metri, che poi Filbrich, Angerer, Estil, Hjelmeset ma anche Gaillard provvedono a colmare. Sono tutti protagonisti, nessuno gioca a fare il rimorchio. La gara si risolve al km 45. Strappa Bauer, gli va dietro Hjelmeseth, perde terreno Estil, gli tornano sotto in due tedeschi con Gaillard. Un paio di chilometri dopo è il francese a saltare, proprio mentre Estil torna sotto.

Altra salita e, proprio nel punto in cui in precedenza si involava, si pianta proprio Bauer mentre sta procedendo a spina di pesce. Come un motore al quale venga tolta la corrente. Crampi o la classica crisi ipoglicemica: ha bruciato anche l’ultima riserva di zuccheri, i muscoli non rispondono più, la vista quasi si annebbia.

Riparte Hjelmesetr, Estil gli si mette in scia. Insieme fanno il vuoto; i due tedeschi riguadagnano qualcosa ma ormai sono stadio dove si sviluppa la volata. Estil alla corda, Hielmeset nella corsia esterna. Ultima strappata sulla salitella, sempre fianco a fianco, tentativo di Hjelmeset di stringere verso l’interno dell’ultima curva per infilarsi alla corda, ma Estil resiste e lo respinge. E’ lotta dura ma corretta. I due, che sono amiconi, si trasformano in avversari. Arrivano al contatto di spalla, si spintonano. Allora Hjelmeset si sposta sulla seconda corsia, perdendo un paio di metri nel passaggio da un binario, ed inizia una progressione combattuta come se ne sono viste poche nella storia del fondo.

Spinta di braccia per  entrambi, ma mentre il piede di Estil quasi non si solleva dallo sci, quello di Hjelmeset con la massima angolazione del gioco di caviglia lo proietta in avanti. Raggiunge Estil e per qualche decina di metri viaggiano quasi affiancati, poi c’ è il sorpasso. Centimetro dopo centimetro, si crea uno spazio che si dilata a tutta una lunghezza sulla linea, senza neppure la necessità della spaccata. Finisce con un abbraccio fra loro due, poi generale quando arrivano i tedeschi (nella foto)

 Un’altra bella pagina della storia del fondo, che dai Mondiali dei quali tireremo un consuntivo nei prossimi giorni, si trasferisce al Nord per la Coppa del Mondo. L’Italia lascia il Giappone con 3 medaglie: una in meno dei precedenti Mondiali di Oberstdorf 005 e dei Giochi2006. L’oro è stato conquistato dalla coppia sprint Cristian Zorzi-Renato Pasini, il bronzo in combinata da Piller Cottrer e da Ariana Follis nella 10 km TL. Rivincite il prossimo fine settimana a Lahti (10 femminile e 15 km maschile TC il sabato, sprint TL domenica), intermezzo mercoledì 14 con lo sprint TC a Drammen. Poi, sabato 17,  a Oslo è in programma la 50 km dell’Holmenkollen, ancora in classico, che per i nordici è seconda solo all’oro olimpico ma vale più di quello Mondiale. Quindi il successivo fine settimana conclusione a Falun con il pursuit di sabatoe la staffetta mista di domenica.

La classifica

1. Hkelmeset Odd-Bjoern NOR 2:20.12.6; e. Estil Frode NOR +0.4; 3. Filbrich Jens GER 4.5; 6, Angerer Tobias GER 10.5; 5. Bauer Lukas CZE 13.1; 6. Bajcicak Martin SVK 41.0; 7. Gaillard Jean Marc FRA 1.24.0; 8. Mae Jaak EST 1.33.6; 9. Pankratov Nikolai 1.38.0; 10. Nousiainen Ville FIN 2.14.9; 11. Kokk Kaspar EST 2.28.2; 12. Freeman Kris USA 2.38.9; 13. Jauhojaervi Sami FIN 2.42.7; 14. Soedergren Anders SWE 2.46.1; 15. Sommerfeldt Rene GER 2.47.4; 16. Aukland Anders NOR 2.54.7; 17. Larson Martin SWE 3.03.8; 18. Reichelt Tom GER 5.11.1; 19. Svartedal Jens Arne NOR 5.29.3; 20. Komamura Shunsuke JPN 5.34.9; 21. Koukal Martin CZE 5.51.4; 22. Similae Tero FIN 6.01.0; 23. Odnodvotsev Maxin KAZ 6.29.1; 24. Ebisawa Katsuhito JPN 6.37.4; 25. Perrillat Christophe FRA 7.26.4; 26.Oyama Katsuhiro JPN 7.52.0; 27. Roenning Eldar NOR 8.32.5; 28. Kondroschev Andrey KAZ 8.41.9; 29. Narusk Priit EST 9.00.6; 30. Tauber Martin AUT 9.39.5; 31. Roycroff Dan CAN 9.53.2; 32. Gumenyak Mikhail UKR 10.06.0; 33. Di Centa Giorgio ITA 10.15.0; 34. Rehemaa Aivar EST 10.56.7; 35. Mckeever Brian CAN 11.57.8. Arrivati 55; ritirati Valerio Checchi e Fabio Santus.

 Le interviste

Pietro Piller Cottrer

 Era nell’ordine di partenza, ma la notte porta consiglio e ci rinuncia. Si presenta allo stadio per sostenere i compagni e ne approfitta la telecronista della Rai, Elisabetta Caporale, per fare il punto della situazione. Gli chiese se si sia tirato indietro perché non ha abbastanza voglia di affrontare questa gara in classico, che non gli dovrebbe essere certamente congeniale.

Lui replica: “Non è esattamente così: per questa 50 km avevo manifestato il mio interesse già mesi fa e ancora venerdì ero intenzionato a farla. Mi pareva un modo giusto per riprendermi dallo smacco della staffetta. Ho rinunciato poiché ho accusato il colpo della somma di fatiche e delusioni fra la 15 skating penalizzata dalle neve e la staffetta. Ho uno spirito combattivo e volevo dimostrare in questa gara qual è il mio valore. Pensare di partire per poi ritirarsi se le cose non vanno bene non fa parte del mio carattere. Ho preferito rinunciare, non me la sentivo anche se sto ancora bene. Ieri, provando i materiali, immaginavo già che al primo passo sbagliato avrei perso di motivazione. E’ quindi qualcosa che mi è montato dentro. Il giorno della staffetta, oltre alla gara maledetta, mi è saltata anche la scheda del telefonino. E’ stata una specie di autoesclusione da ogni collegamento esterno: Da una parte mi è spiaciuto trovarmi isolato, ma sotto un certo aspetto, mi ha permesso di stare più tranquillo”.  
Segue la gara, osserva come si sviluppa la corsa con Di Centa nelle posizioni di testa. Gli sci sembrano andare, e questo lo porta ad una specifica considerazione: “Se non sono partito non è per mancanza di fiducia nei tecnici. Se si è sbagliato in staffetta, oggi mi pare abbiano lavorato bene. Per tornare alla staffetta, ci tengo a precisare che si impara di più da una sconfitta che dalle vittorie. Siamo diversi dai calciatori: quando va male, noi non ricorriamo al silenzio stampa per evitare discussioni e polemiche. E’ stata una brutta battuta a vuoto, un episodio fine a se stesso. Tornerò a casa per ricaricarmi con la moglie e i due bambini, salterò Lahti e riprenderò con l’Holmenkollen. Anche se è in classico, ho già la testa a Oslo. Ricorre il decennale della mia vittoria, allora a skating, quella che mi ha fatto conoscere al mondo. Proprio per questo salto la tappa finlandese di Coppa. A prescindere dalla tecnica, quella 50 km è la gara più affascinante. Lì, in quei Mondiali, se il fisico lo permetterà nel 2011 concluderò la mia carriera. Anche perché in quell’occasione si correrà a skating”.

Gli chiedono delle sue condizioni di salute dopo quella forma di artrite che sembrava mettere in pericolo la sua carriera.” Mi si gonfiavano i polsi senza alcun motivo plausibile, avevano detto che era una cosa gravissima, già mi immaginavo un futuro da ex atleta, ma fortunatamente si è risolto tutto in poco tempo. Ho saltato solo qualche allenamento e, quando ho ripreso a correre, non ho avvertito problemi. E’ stata comunque una stagione un po’ tribolata per vari motivi, ma il bronzo nel pursuit fa dimenticare tutto il resto”.

Segue la gara più teso che se si trovasse in pista. “Faccio fatica a immaginare quello che possono fare gli altri. Stare qui senza combattere un po’ mi brucia. Vedo molte squadre che sono in difficoltà, la nostra compresa, e non ultime Svezia e Russia, anche se Soedergren da una parte e Pankratov dall’altra sono fra i più attivi. I più pericolosi sono però i tedeschi e i norvegesi”. Neanche il tempo di chiudere il discorso che Soedergren salta. “Un peccato; il solito eccesso di generosità. E’ uno combattivo  come me, per questo sono contento quando me lo trovo al fianco perché la sua parte la fa sempre”.

Valerio Checchi

 Arriva Valerio Checchi (che vediamo in una foto d'archivio alla premiazione della Finanza con il G.A Angelo Ferraro) con l’espressione abbacchiata. Si è ritirato con una protesta plateale ed è ancora incavolato. Non lo dà tanto a vedere ma si capisce. Ne ha ben donde. Caduto nel pursuit, ferito al ginocchio, 15 km chiusa nelle retrovie e da dimenticare, staffetta saltata. “Un Mondiale buttato. Ho sperato fino all’ultimo di chiudere in bellezza con questa 50 km che mi si addice per la tecnica e per la distanza. Ho avuto grossi problemi di materiali: sicuramente gli sci più che la sciolina. I tecnici hanno lavorato bene ma non andavo. Non era un ritmo fortissimo e io faticavo. E’ stata come una pugnalata al cuore. Meglio fermarsi. Un vero peccato perché l’anno scorso, a fine stagione, immaginavo già il salto di qualità. Invece questa, almeno finora, è un’annata da archiviare come negativa, ma questo non mi toglie né il sorriso dal volto né la voglia di sperare nel finale di Coppa”.

Si parla di Giorgio Di Centa, che continua la sua fatica anche se tagliato del tutto fuori. “Lui è uno determinato anche a livello psicologico. Non per niente è diventato campione olimpico. Speravo che chiudesse questo Mondiale con una medaglia. Invece vedo che scivola indietro. Soedergren con il suo allungo ha fatto una strage”.

Giorgio Brusadelli
www.fondoitalia.it

 




Da staff, Domenica, 04 Marzo 2007 17:21, Commenti(0)
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