Risalgono al 1958 i primi skiroll usati in Italia

Li importò la Fisi dalla Finlandia per metterli a disposizione della nazionale allora allenata da Nordlund e Nilsson con sistemi innovativi. Pesavano 9 chili e non erano per niente funzionali.

La storia dello skiroll in Italia inizia nel 1958. Non conosciamo precedenti e lo confermano le foto che pubblichiamo e si riferiscono a due raduni della nazionale. Quella del gruppo è stata scattata a Cesena, l’altra ad Aosta e riguardano le prime due occasioni di sperimentazione di questo attrezzo. Che nel gruppo di Cesena vediamo ai piedi di Marcello De Dorigo (a sinistra nella foto sotto) e Federico De Florian, che proponiamo anche in allenamento a Ziano. Ce le ha inviate Eugenio Martinelli, azzurro a quell’epoca,  che è il primo accosciato a destra, attualmente imprenditore a Isolaccia, in Alta Valtellina. Porta avanti l’azienda di trasporto di materiali per l’edilizia che aveva avviato nel 1962, dopo il suo congedo dalle Fiamme Oro di Moena con le quali l’anno precedente aveva vinto il titolo italiano di staffetta 3x10 km insieme a Schenatti, altro valtellinese, e Manfroi. Nello sport è rimasto come presidente della sezione di Sondrio dell’ANAAI, l’Associazione Atleti Azzurri d’Italia ai quali è stato dedicato lo Ski Stadium  di Isolaccia, una struttura costata quasi 2 miliardi delle vecchie lire, inaugurato l’8 settembre 2001 con una madrina d’eccezione, Manuela Di Centa, che da queste parti è di casa.

Skiroll storici, dunque, di produzione svedese, importati dalla Fisi su suggerimento di B.H. Nilsson che proprio in quella stagione era stato affiancato al connazionale Nordlund perché il fondo italiano potesse fare un ulteriore salto di qualità con sistemi di allenamento innovativi per quell’epoca. Nilsson, pentathleta di livello mondiale, era infatti uno specialista della preparazione atletica. Un momento epocale in quanto si trattava di sostituire la “vecchia guardia” con i giovani emergenti, quelli che avrebbero cominciato a incrinare il monopolio detenuto fino allora da scandinavi e sovietici. Operazione che si sarebbe concretizzata nel 1966 ai Mondiali di Oslo con il terzo posto della staffetta (De Florian, Nones, Stella, Manfroi) e con la medaglia d’oro di Nones nella 30 km delle olimpiadi di Grenoble.

Quattro paia di skiroll, ognuno del peso di 9 kg, con snodo centrale e grosse ruote montate con pneumatici. Ruote da carrozzine o da passeggini. Due posteriori e una anteriore, senza alcun sistema antirinculo e con una specie di freno per la discesa che si manovrava tirando una corda fissata alla cintura dei pantaloncini. Chi ha avuto modo di usarli, ancora oggi a parlarne si sbellica dalle risate ricordando le avventure di questa sperimentazione che ebbe scarsa fortuna e ancor più breve durata. “Aggeggi infernali, li definisce lo stesso Martinelli. Era quasi impossibile sollevarli da terra per fare il passo, andavano discretamente sul piano e in salita, però per evitare il rinculo dovevi far forza di braccia. In discesa, poi, era un dramma. La corda che aveva il compito di azionare il freno funzionava fino ad un certo punto. Se prendevano velocità non riuscivi a fermarti perché non si potevano manovrare e rischiavi di fracassarti”.

Altrettanto drastico il commento di Giulietto De Florian. “Il peggio, dice, era la facilità con cui le ruote si foravano. A me è capitato dalle parti di Pontedilegno e proprio in discesa. E’ stato un miracolo se, dopo la sbandata, non sono finito sull’asfalto. Ero solo, senza il solito pulmino al seguito,  e ho dovuto tornarmene a piedi. Scomodi e fastidiosi anche da portare in spalla”.

Arrigo Delladio, grande specialista di sciolinatura in condizioni di neve balorda, attorno a 0° C e che i concorrenti della Marcialonga conoscono come responsabile della battitura delle piste fino a pochi anni fa, ebbe modo di farne conoscenza quando vennero a trovarlo a Tesero, mentre stava tagliando il fieno, i due compagni di squadra Dalmasso e Gioacchino Busin che, partiti da Moena, erano scesi fino a Tesero in allenamento con gli skiroll in dotazione del gruppo sportivo Fiamme Oro. Seguendo l’esempio della Fisi, la Polizia se n'era procurato qualche paio per i propri atleti dei quali lo stresso Delladio, chiusa l’attività agonistica, sarebbe poi diventato l’allenatore. “Non mi sono mai piaciuti. Troppa fatica per un movimento più pigro e più lento che per lo sci serviva poco. Si bucavano con facilità; dovevi portarti dietro la pompa e cambiare la camera d’aria. Meglio i sistemi di allenamento tradizionali”.

Franco Nones gli skiroll finlandesi non ha avuto modo di provarli; si è servito, qualche anno dopo, di un modello svedese costruito da un fondista che andava per la maggiore, Äke Viskäg,. ma che era più o meno analogo. “Da Castello di Fiemme, il paese in cui abito, scendevo fino a Ora, una quindicina di km a valle, facendomi dare un passaggio dai camionisti  che portavano le cassette di mele. Un bel percorso, con la salita del Passo San Lugano e poi in piano fino a casa, con possibilità di allungare la strada di qualche altro chilometro in Val di Fiemme. Pesavano tanto che quando facevi il passo ti cavavano la scarpa dal piede se non l’aveva stretta forte con le stringhe. Con lo snodo in mezzo le ruote non si sollevavano da terra”.

“Le cose hanno cominciato ad andare meglio quando sono arrivati gli skiroll di produzione della Germania Est a cinque ruote (foto a destra). Quattro sulla piastra sulla quale si appoggiava il piede, due piccole dietro e due più grandi davanti; la quinta, anch’essa piccola, posizionata su una prolunga anteriore. L’imitazione del passo alternato era più funzionale ed efficace che non con gli skiroll svedesi. C’era già una preparazione programmata evitando le discese; quando se ne trovavano sul percorso, si saliva sul pulmino. Si trattava comunque di un allenamento marginale rispetto a quello tradizionale basato sulla corsa  con o senza bastoncini. E si correva parecchio: 30-35 km quando si faceva il giro del Nevegal. La corsa era una base importante della preparazione, poiché si facevano gambe e fiato, mentre con i bastoncini si rinforzavano le spalle. Per allenare le braccia usavamo camere d’aria di ruote di bicicletta a mo’ di elastici”.
“Del resto, di quei tempi, il miglior allenamento era la vita quotidiana. Non tutti i migliori fondisti di allora erano arruolati nei Corpi militari, ma c’erano anche  contadini o boscaioli e l'allenamento lo facevano nel lavoro di tutti i giorni: zappando nei campi, tagliando piante, facendo fieno, trasportando carichi, accudendo al bestiame. Situazione ben diversa da quella attuale, specialmente per quanto riguarda gli skiroll che sono leggeri quanto gli sci  e ti servono anche per affinare la tecnica”.

Giorgio Brusadelli
www.fondoitalia.it

Aggiornato il 05-01-05.

www.skiroll.it